Quando arriva la sera, e finalmente spengo le luci di casa e muoio sul letto, nove volte su dieci mi rendo conto di essere sfinita, senza aver poi fatto chissà cosa.
Lavoro, faccio la mamma, seguo la casa…cose che fanno tutte le mamme. E io sono fortunata. Non devo timbrare il cartellino al mattino, posso gestire i miei impegni con molta autonomia.
Eppure, nonostante io non spacchi pietre 12 ore al giorno, io a sera son lessa.
Zero energia, cervello fuori uso.
E il perché lo so…come lo sanno tutte le madri…
La stanchezza maggiore ce la caricano i figli.
Mille richieste, mille parole, mille litigi.
Difficilmente ci danno tregua e sistematicamente si prendono tutto il nostro tempo e la nostra energia.
Non chiedono il permesso e non camminano in punta di piedi bisbigliando.
Urlano, scalpitano, sbattono, cantano.
E noi impazziamo appresso a loro, perché a volte vorremmo solo un po di silenzio.
Una pausa per ricaricare le pile.
Ma avete presente quando per giorni scordate di ricaricare il telefono la sera, e passate le giornate con quel 15% di batteria sperando che non si spenga? Ecco io spesso mi sento così.
Rubo un po’ di energia durante il giorno…un caffè veloce in piedi, dieci minuti in bagno seduta senza nemmeno far pipì, mezz’ora a fissare l’acqua che bolle perché se cucino ho la scusa per star ferma lì, immobile.
Perché Dio santo quanto è faticoso…
E spesso, a giornate deliranti, seguono nottate con piedi sulla schiena, richieste di mezzanotte, brutti sogni, mani sul viso perché “mamma ti voglio vicina”.
E io la notte spesso piango quando sono sfinita. Quando vedo tutto nero, e sento di vivere una vita non mia.
Quando ci sono state ore passate a sgridarli per il troppo casino.
Cibo nel secchio perché no, non lo mangio.
Litigi perché uffa io non voglio lavarmi.
E io non dormo, non mi va, resto sveglio. E dammi l’acqua, leggi ancora per favore, non te ne andare, non lasciarmi la mano.
E quella mano non la lascio.
Mi arrabbio, parlo, pretendo di poter decidere.
Ma poi li fisso negli occhi, e mi accorgo che nonostante tutta la fatica, tutta la rabbia accumulata, e il sonno, e i punti non messi, loro ci sono.
E hanno occhi grandi, e sinceri. Ci si può vedere il mondo intero dentro gli occhi di un figlio. E in quei pozzi profondi e scuri io vedo l’amore. Sempre.
E quell’amore che tanto chiede e pretende, mi da la forza per dire ok, ce la faccio. Ce la devo fare. Ce la posso fare.
Perché un dono immenso come questo, non ci si può limitare a scartarlo e a batter le mani di gioia per un po.
I figli entrano nella nostra vita a volte per scelta, a volte all’improvviso, inaspettatamente.
Ma non lo hanno chiesto loro.
Meritano quindi il meglio.
Tutto l’amore possibile.
Tutto l’impegno possibile.
E ci è concesso di cedere, di piangere, di chiederci chi ce lo ha fatto fare.
Perché è umano.
Ma non ci è concesso di mollare.
E io non mollero’ mai.
Vi ho portato in braccio, e ora vi tengo per mano.
E vi porterò nel cuore finché avrò vita e anche oltre.